sabato 9 aprile 2011

Le ragioni del cuore




Recentemente ( novembre 2010 ) Susanna Bonaventura ha pubblicato una raccolta di poesie dal suggestivo titolo inglese Small Messages of Soul. La traduzione che ne dà l' autrice è Piccoli messaggi dall' anima, a sottolineare che vengono dall' anima e non dall' artificio della poesia. Piccoli, brevi, a volte anche estesi messaggi, direi meglio diagramma dove i picchi così frequentemente elevano grida dell' anima o ragioni del cuore.
La sua poesia è poesia che verte soprattutto sulle ragioni del cuore. Leggendole, mi viene in mente Pascal quando asseriva che vi sono ragioni che la ragione non conosce. Quelle ragioni che la ragione non conosce e che solo il cuore sa, Susanna Bonaventura le sviluppa nella sua poesia e le svolge con tutta l’ intensità e le variazioni che vengono attribuite simbolicamente a quest’ organo. Le ragioni del cuore sono poetica e tematica dominante. Ragioni del cuore anche quando si chiude nella scatola di diamante come sua rocca o fortezza inespugnabile. Ma la scatola è stretta e i raggi del diamante sono freddi e allora si apre al ventaglio dei pensieri, dei desideri, delle esasperazioni, del grido, dell’ urlo, delle tensioni ribellistiche, delle fantasie, delle immagini. Solitamente il pensiero viene focalizzato su qualche immagine. L’ immagine è l’ enucleazione del suo sentimento, è l‘ espressione forte del desiderio o dell’ esasperazione e dell’ aspirazione. L’ immagine fa davvero da contrappunto efficace a ciò che non è o non ha, a ciò cui aspira o si rivolta. Le immagini come la scatola, la tana, la gabbia, il diamante, la solitudine fredda, la giungla della vita che intrappola, la rete a maglie strette che impiglia, la scia di sassolini bianchi a segnare la strada, lo specchio, la foschia e il sole, il calore dei raggi del sole, il cielo, l’ azzurro infinito, la luna, il licantropo, il lampo, il rombo, i sogni, la voglia di sognare e il non avere neanche la realtà, la cosa che uno butta e la vita per chi la riceve, le soavi note che avvolgono, il fuoco e l’ anima, il tramonto, la rugiada, l’ acqua, l’acqua vitale, la vita, la sete di vita, il silenzio e l’ urlo, il mare in burrasca, lo tsunami, il porto, la sabbia, la notte e il carico di buio, l’ angolo e la luce che lo investe di salvezza, il dolorosamente reale, il funky, il blues, il valzer, enucleano felicemente l’ idea, l’ atmosfera e lo stato d’ animo. A volte è una coppia di azioni a manifestare questa efficacia espressiva: odiare-amare.

Se la poesia è, secondo i Romantici, espressione del sentimento, con eliminazione di sovrastrutture e regolismo, allora in Susanna Bonaventura c’ è molta poesia. A volte si svolge distesa, fresca, immediata, diretta, discorsiva, rapida nel pensiero, lineare nel breve giro delle parole e delle emozioni, concentrata e puntata sulle immagini, delicata, ricca d’ animo, a schizzi plastici di mano ferma, precisa e piena di sprezzatura, con andamento quasi di prosa poetica, altre volte perfino cantabile, concitata e incalzante di pulsioni e aritmie del cuore che trepida e pulsa d’ amore e del pascoliano fanciullino.

Stilisticamente ha molta rapidità e sintesi. E’ spesso poesia del frammento dove si concentra un pensiero completo, chiaro, lucido, illuminante. Rapidità di pensieri e immagini sono in progressione e creano tensione estetica. Per le immagini ha forti contatti e frequentazioni con la poesia del Novecento, per la forma e le azioni verbali non ha in genere la concentrazione di quella.

Le ragioni del cuore, su cui, via via, si inasprisce o si edulcora, si esaspera e contrappone o si stempera, contagiano il lettore che la gusta e la segue emozionandosi al variare delle vibrazioni del cuore.

venerdì 18 marzo 2011

Susanna Bonnaventura

Da IL FILO editore è uscita ( dicembre 2008 ) la raccolta di racconti di Susanna Bonaventura, dal titolo “ Sitis  Vivendi ( desiderio insaziabile di vita )”. Le protagoniste dei suoi racconti hanno davvero voglia insaziabile di vita, perché compresse nella quotidianità. Attenzione, non evadono dalla vita, invocano, cercano la vita.
Susanna Bonaventura, in questi racconti, non è una sorpresa, ma una conferma. Di stile e di contenuti. Sembra scrittrice di banali storie di normalità. In realtà tutto il suo lavoro è quello di andare oltre. Oltre la tranquilla normalità, la calma apparenza. Apre finestre, scoperchia ed ecco tutto un mondo insospettabile dietro la placida vita feriale, casalinga e la professionalità impeccabibile. Un mondo reale più ancora di quello apparentemente reale. Anzi il vero mondo reale, quello oltre, quello dietro. Una vera scrittrice di quello che è, non di quello che sembra. Non una narratrice di sentimenti, di evasioni femminili, ma di realtà di vita sotterranea, in cui affonda analisi, intreccia vicende, affabula di accenni di linfe vitali e voluttuose che scorrono nelle vene delle protagoniste e investono il lettore con potere forte di appassionamento, consenso e seduzione. E tanto più catturano quanto la sua scrittura è leggera, quasi in punta di penna, la sua ironia sorridevole e benevola, la sua prosa viva, agile e dialogica, quasi a dire e “ che volete, il mondo è così, questa è la retrorealtà ”. Ma non è solo questo che attira nel mondo letterario di Susanna Bonaventura, che già basterebbe. È anche il suo modo di raccontare. Le sue storie sono narrazione in senso proprio. Cercando nella sua tecnica non si ritrova quasi mai la semplice fabula o storia, racconto, vicenda, in successione cronologica e logica, cioè secondo tempo, causa ed effetto, ma quasi sempre l' intreccio, dove i fatti non dipendendo dalla linea temporale e logica, sono nell' ordine pensato e orchestrato al fine di suscitare, accumulare interesse, suspense, attese, dare il senso di certe soluzioni e far trovare, invece, all' improvviso, davanti ad ancora più affascinanti imprevedibilità di scioglimenti. Nel ricreare l’intreccio Susanna Bonaventura conosce magistralmente ed istintivamente tutte le tecniche più stimolanti. Con grande naturalezza, scioltezza, spontaneità, immaginazione verosimile, si rivela padrona dell' arte del racconto, sia che inventi la fabula sia che la elabori dal reale. Non solo il narratologo o studioso di analisi del testo la individua, ma anche il lettore la sente e se ne diletta, da lì ricava il piacere di leggere e la propria valutazione sullo scrivere bene. A questo pregio strutturale si aggiungono tutte le congruità di sequenze espositive, dei loro indicatori temporali o connettivi, di spazi e ruolo degli spazi, di tempi del racconto e reali, di modi di introdurre i personaggi e loro caratterizzazioni, ruoli, importanza, di scavo di psicologie e relazioni tra i personaggi, del tipo di voce narrante e del punto di vista nell' esposizione oltre che delle tecniche espressive, spesso talmente dialogiche e vive che sono già sceneggiatura di rappresentazione teatrale come avviene in molte parti di Domande e silenzi, edito da ARPANet. In questo racconto lungo, oltre al piacere della lettura e del brivido del giallo, frequentemente c' è davvero la sensazione di assistere a uno spettacolo teatrale, di non essere più lettore, ma spettatore. Il tutto accompagnato da felicità di scrittura, tersa e linda come un cielo spazzato dal vento, a tratti piena anche di poesia e coloriture, ricca di invenzioni e situazioni, di rimandi tra realtà e invenzione, di intreccio e di commistioni affascinanti tra giallo e romanzo, di stimoli, suspense e soluzioni impreviste. L' imprevedibilità dello scioglimento è una costante. La tecnica è sempre quella molto abile di un' apparente normalità, dove sembrano esserci solo fatti reali e poi all' improvviso il risvolto impensato, pieno di emozione. C' è molta bravura nel far crescere la storia, portandola via via in tensione fino allo scioglimento, con lo scavo graduale dei personaggi, della loro psicologia, le difficoltà d' intesa e ritrovamento, poi, quasi da agnizione teatrale. Fa supporre uno sviluppo, una finale e di colpo, con forte impatto, eccoti di fronte a una soluzione non immaginata ( esempio shockante di questo “ Il cliente ”). Riesce sempre a sorprendere il lettore, dopo averlo condotto abilmente per i suoi percorsi e, a volte, veri meandri. Il finale non è mai scontato. Vengono dati tanti suggerimenti in modo da far pensare a una conclusione e poi sono sempre elusi. Significativi al riguardo “ Ho promesso ”; “ Lei è magnifica ”; “ Un ultimo bicchiere ”. Come rilievo critico occorre dire che tanta capacità di tecniche meriterebbe di scrivere non una raccolta di racconti, ma un importante romanzo.
Non c' è forzatura nella vicenda né dispersione in lungaggini inutili all' economia del raccontare, ma tutto scorre così fluente e conseguente da essere necessario com' è tutto necessario in una storia vera. Ed è questo che dà fascino e verità al suo stile.
La narrativa di Susanna Bonaventura non ha il carattere deteriore della letterarietà, ma partendo dalla realtà o dalla sua invenzione connotata, tutto si svolge come vicenda reale, dentro però alla bellezza di uno scrivere che ha la magia dell' arte.



domenica 27 febbraio 2011

Il bosone di Higgs nella divulgazione dei giornali

Dal "Corriere della sera" 21/12/2010

Il bosone. Carneade, chi era costui? La massa della gente non lo sa e a buon diritto. Ma i giornali, loro, sì, che lo sanno e secondo la loro funzione informativa ne dànno notizia di tanto in tanto, in corrispondenza degli esperimenti al CERN di Ginevra e scrivono titoli sensazionali, tipo “Alla caccia del Bosone, ossia della particella di Dio ”. Particella di Dio non nel senso di un genitivo possessivo, in quanto creata da Dio, ma in senso soggettivo, in quanto è la particella che crea Dio, vale a dire che è all’ origine della materia, con il sottinteso sorridevole, ammiccante e sensazionale che vuol dire “leggete con attenzione, state attenti, tra poco vi daremo la straordinaria notizia che Dio non esiste, perché all’ origine c’ è il bosone di Higgs che dà materia al tutto”.
Chiariamo che il termine Bosone viene dal nome del fisico indiano Satyendra Nath Bose che ha studiato le particelle elementari, che si distinguono in bosoni e fermioni. Il fisico Higgs nel 1964, mentre passeggiava sulle colline scozzesi disse di aver avuto una grande idea ( one big idea ), ipotizzò l’ esistenza di una nuova particella elementare, che, a tutt’ oggi, non è stata ancora rilevata negli esperimenti di accelerazione delle particelle, ma che viene ricercata con grandissimo impegno dal gigantesco superacceleratore Lhc di Ginevra. Gli ultimi esperimenti ( ottobre 2010 ) hanno cominciato a dare risultati importanti, sono sulla strada giusta, ma non ancora decisivi per stabilire in modo incontrovertibile l’esistenza del bosone di Higgs. La grande macchina è stata spenta il 6 dicembre 2010 per un due mesi di manutenzione e di aggiornamento di tecnologie impiegate. Il livello di energia raggiunto con cui si è cercato il bosone di Higgs è stato di 7 Tev ( un Tev equivale a mille miliardi di elettronvolt ). Quando la riaccenderanno sarà sufficiente, forse, portarla a 7,1 Tev per ottenere molti altri grandi risultati. Ma se non verranno, la macchina potrà salire fino alla potenza massima di 14 Tev.  In tutto questo, i 600 fisici italiani, i più importanti al mondo nel campo delle alte energie, hanno una importanza da primato sia nell’ invenzione di tecnologie sia nella progettazione e nella direzione. A capo dei quattro esperimenti, che coinvolgono circa 6000 scienziati di tutto il mondo, sono tutti fisici italiani. Hanno lo scopo di riprodurre le condizioni dell’ universo una frazione di secondo dopo il big bang dal quale si è originato tutto. Questo è bello, positivo e grandioso in prospettiva. Ma meno bello è ciò che fece l’ editore di un testo sul bosone di Higgs  del fisico Leon Max Lederman. Questo premio nobel parlava di “ particella dannata ” per il suo carattere sfuggente, elusivo agli strumenti di ricerca. All’ editore non piacque la denominazione, che la cambiò in “ particella di Dio ”, dando così l’ avvio al sensazionalismo dei giornali. Higgs temeva che questo potesse offendere le persone religiose e ne fu contrariato. Per i giornali invece è e resta con entusiasmo “ la particella di Dio ”. Ma sia lo scopo degli scienziati del CERN sia finalmente la conferma del bosone di Higgs non offendono certamente le persone religiose. Queste sanno e proprio con i risultati scientifici che la scienza opera e può operare solo nell’ immanente e che nessuna scoperta scientifica come pensava il credente Galileo potrà mai scalfire il trascendente. Sono ordini differenti e ogni inferenza negativa, ogni applicazione di categorie finite all’ infinito trascendente non è possibile. Higgs può dormire sonni tranquilli, senza il timore di offendere qualcuno.

martedì 15 febbraio 2011

Un po' di chiarezza



Rispolverando gli studi di matematica, di fisica, di filosofia che abbiamo fatto non è male ritornare a un po' di chiarezza sui concetti di finito e infinito, visto che di frequente, anche sui giornali, ritorna la questione se l' universo è finito o infinito.
Partiamo da vicino a noi. L' esperienza ci dice che una parte non è uguale ( equipotente in termine specialistico) al tutto e che tutto nel nostro mondo esperienziale è finito. Questo è già una prima chiarezza, facile da conquistare, perché fa parte di ciò che sperimentiamo. Che la parte fosse uguale al tutto, come conduceva a dire la soluzione di certi problemi, era il problema impossibile posto dal discepolo di Galilei,  Bonaventura Cavalieri.  Ma la logica matematica,  già con Galileo risolve il problema, scopre che la parte è uguale al tutto. Negli insiemi infiniti la parte è uguale al tutto. Così la logica matematica conquista l' infinito.  Per la logica matematica l' infinito esiste ed esiste perché la sua costruzone mentale  non porta ad alcuna contraddizione. Quindi una prima risposta ormai certa  l' abbiamo: l' infinito esiste. Grazie alla logica matematica abbiamo potuto fare un po' di chiarezza. Ora possiamo usare il linguaggio con proprietà. Pertanto quando parliamo di finito e infinito possiamo e dobbiamo essere precisi  nel dire a quale infinito ci riferiamo. L' infinito esiste nella logica matematica come Dio esiste nella logica matematica. Lo ha dimostrato Kurt GÖDEL con il suo teorema. Ma siamo al solito problema: l' infinito della logica matematica non è l' infinito assoluto. Su questo piano davvero la parte non è uguale al tutto. Nessun calcolo di logica, nessuna scoperta scientifica potrà mai fare il salto dall' immanente al trascendente. L' infinità degli insiemi infiniti non è l' infinità assoluta che è totaliter aliter. Pertanto anche le più avanzate scoperte scientifiche ai confini e oltre il nostro universo non possono riferirci altro che l' immanente. La scienza sperimentale, le scoperte hanno tutto il diritto di dirci che l' universo è finito, perché operano solo nell' immanente. Lo scienziato, moderno Ulisse, anche oltrepassando tutte le colonne d' Ercole, può solo e soltanto scoprire l' immanente, senza poter negare il trascendente. L' infinito assoluto è tutt' altra storia di tutt' altra natura a cui solo a posteriori, filosoficamente, si può pensare.

lunedì 31 gennaio 2011

L' esistenza di Dio

Premesse con l' aiuto del grande fisico Antonino Zichichi:

Che cosa vuol dire Esistenza, Esistere?

" Esistenza in Fisica vuol dire: spazio, tempo, massa, energia e cariche fondamentali " ( A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo Tra scienza e fede, Il Saggiatore, Milano, p. 132 )

Domanda: e l' atto del pensare ( anima ) non è esistenza? No, Zichichi ha ragione. L' atto del pensare non è pura esistenza, è vivere. Vivere implica l' esistenza, ma non viceversa.

" Esistenza, in Matenatica, vuol dire non contraddizione " ( A. Zichichi, ibidem, p. 135 )

Teoremi dell' incompletezza del 1931 di KURT GÖDEL: KURT GÖDEL dimostra che " Non è vero che una costruzione logica debba necessariamente portare a una conclusione o alla sua negazione. E' altrettanto rigorosamente logico che venga fuori la conclusione: è impossibile decidere " ( A. Zichichi, ibdem, p. 137 )

" Se il massimo rigore logico non basta per arrivare  a dimostrare un teorema, come si può pretendere che il rigore logico - nell' Immanente - possa mai portare alla dimostrazione del Teorema Supremo, cioè l' esistenza di Dio? " ( A. Zichichi, ibidem, p. 138 )

NB.: non si dimentichi che anche la matematica, la logica matematica, i numeri sono Immanente.

" Nel Trascendente, cosa mai vorrà dire esistere? Dove mai potremmo immaginare il Paradiso?
    Certamente né nello spazio né nel tempo né nella massa né nell' energia né nella cariche né nel rigore logico matematico.
    Sarebbe come porre un' entità suprema e assoluta sotto il controllo di quelle leggi a noi note...
    Ecco perché l' unica risposta all' esistenza del Trascendente è l' atto di Fede " ( A. Zichichi, ibidem, pp. 143-144 ).
Che è come dire che l' Immanente non può dimostrare il Trascendente, non può colmare la distanza tra i due, non può fare il salto e travalicare.


Citazione da: http://en.wikipedia.org/wiki/Gödel's_ontological_proof
Teorema di GÖDEL: eppure GÖDEL, matematico, logico puro , filosofo della matematica, teista come lui stesso si definisce, non rinuncia a elaborare un  teorema che dimostra l' esistenza di Dio, inteso come ente che comprende tutte le proprietà positive , compresa l' esistenza.
Un ente che assomma tutte queste qualità non è logicamente possibile che non abbia anche una effettiva esistenza. E così GÖDEL passa dal piano logico a quello fattuale perché non si salvaguardarebbe la coerenza del discorso logico ( = la non contraddizione ) se non si ammettesse l' esistenza di Dio.  GÖDEL, platonicamente, crede che la verità matematica, logica, sia oggettiva, ontologica e non  sia soltanto una elaborazione dell' intelletto. Pertanto la dimostrazione dell' esistenza di Dio può avere una esistenza metafisica, ontologica come lui la concepisce. Anche ammesso e non concesso dagli esperti di logica modale a cui il teorema appartiene che l' esistenza di Dio sia ontologica e non soltanto logica, resterebbe sempre possibile pensare che l' esistenza di Dio nel sistema formale della logica, coerente o consistente, in quanto al suo interno non contiene contraddizione, non dimostra per niente l' esistenza di Dio nel Trascendente. Non può superare il salto. Giornalisticamente c' è chi scrive, a effetto, che GÖDEL  ha provato l' esistenza di Dio. Il passaggio dall' Immanente al Trascendente è affascinante, ma non è legittimo. Filosoficamente è una petitio principii, perché per la dimostrazione ci si serve del principio che invece bisognerebbe dimostrare. Non basta la consistenza o coerenza logica ( = la non contraddizione ):  questa assicura l' esistenza all' interno del sistema di logica formale, nell' Immanente, ma non consente di fare il salto al Trascendente. La dimostrazione, che si compone di  tre definizioni, sei assiomi, un primo teorema con un corollario e altri due teoremi ,  sostanzialmente, equivale a una prova a priori. La sua dimostrazione, supposto che sia valida ( gli esperti mettono in dubbio acutamente soprattutto il secondo assioma ), è  una dimostrazione solo logica dell' esistenza di Dio. Tuttavia bisogna ricordare che la verità ,  platonicamente, non è uguale a dimostrabilità. Questo lo sa bene anche la scienza più avanzata, per cui dalla non dimostrabilità del Trascendente non si può evincere la sua non esistenza come da molte verità naturali , oggi e forse mai,  non dimostrabili, non si può dedurre la loro non esistenza sic et simpliciter.

Anche le prove filosofiche ( che prove non sono e sarebbe meglio chiamarle vie ), non arrivano a risultati migliori, sia quelle a priori sia quelle a posteriori. Le prove a priori non dipendono dall' esperienza, da informazioni provenienti dal mondo esterno, ma solo dalla ragione; le prove a posteriori dipendono da informazioni esperienziali. Anselmo d' Aosta vuole provare l' esistenza di Dio solo in modo logico. Pertanto la sua prova non è ontologica, come è diventato abitudine dire da Kant in poi, ma logica. La prova la fornisce nel capitolo secondo del Proslogion. Eccone i passaggi. Per Anselmo d' Aosta Dio è:  

 "Ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore" (aliquid quo nihil maius cogitari possit)".
"Ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore" non può essere solo nell'intelletto.
Se infatti fosse nel solo intelletto, si potrebbe pensare qualcosa che fosse anche esistente nella realtà  e questo qualcosa sarebbe maggiore di qualcosa esistente solo nell'intelletto".
Se "ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore" fosse solo nell'intelletto,  "ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore" sarebbe "ciò di cui possiamo pensare il maggiore. E questa è una contraddizione". Quindi Dio esiste.

Citazione da: http://www.maat.it/livello2/anselmo-01.htm#alto

L' abate Gaunilone oppone serie obiezioni, a questo argomentare. Non basta pensare a un' isola piena di delizie, perché esista. Anselmo d' Aosta controbatte che l' esempio non è calzante, perché non è di ordine ontologico. L' isola non è la cosa più grande che si può pensare. Ha una perfezione limitata, Dio è ogni perfezione. Gaunilone rimarca che non è legittimo il passaggio dal piano logico della dimostrazione, all'effettiva esistenza ontologica. Questo è il punto debole e non dimostrativo della prova a priori. E' il punto debole di tutte le prove a priori. E' anche il punto debole del teorema di GÖDEL, se effettivamente intende, come pare, passare dal piano matematico logico al piano ontologico.

Tommaso d' Aquino ritenne infondata la prova a priori di Anselmo d' Aosta. Nella Summa contra Gentiles scrive: "Tra gli atei non è a tutti noto che Egli è quanto di più grande si possa pensare" e si orientò tutto alle prove a posteriori, che è meglio chiamare vie e che si possono sintetizzare come segue:
  • Ex Motu (cioè "dal moto": tutto ciò che si muove esige una causa prima perché, come insegna Aristotele: «Non si può andare all'infinito nella ricerca delle cause»)
  • Ex Causa (cioè "dalla causa": ogni effetto ha bisogno di una causa; necessità di una causa prima incausata)
  • Ex Contingentia (cioè "dalla contingenza": poiché tutte le cose esistono, ma potrebbero non esistere, non hanno in sé la ragione della loro esistenza e, quindi, rimandano ad un essere necessario)
  • Ex Gradu (cioè "dal grado": le cose hanno diversi gradi di perfezione, ma solo un grado massimo di perfezione rende possibile gli stadi intermedi)
  • Ex Fine (cioè "dal fine": tutte le cose nell'universo sono ordinate secondo uno scopo, quindi, ci deve essere un'intelligenza che le ordina così)  
Citazione da: http://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_d%27Aquino

Anche queste non sono prove, ma  vie attraverso le quali è possibile ricavare una persuasione, una convinzione ragionata dell' idea dell' esistenza di Dio. Idea dedotta da ea quae facta sunt, non da apriorismi o innatismi.

domenica 30 gennaio 2011

Per ricercare la verità



Quattro regole importanti del metodo cartesiano fondate sulla ragione per ricercare la verità:
  • evidenza: " non accettare mai per vera nessuna cosa che io non accettassi per evidenza "
  • analisi: " dividere ciscuna delle difficoltà che avrei esaminato...per risolverle meglio "
  • sintesi: iniziare " dagli oggetti più semplici e più facili da conoscere " fino a risalire alla conoscenza  dei più complessi "
  • enumerazione: ripercorrere le verità conosciute per ricostruire la catena dei collegamenti.

martedì 25 gennaio 2011

Spazio al bello e al positivo!



Il brutto e il negativo, nella società e nella cultura del Novecento e in questo primo decennio del terzo millenio, hanno talmente spazio che sembra non ve ne sia più per il bello e il positivo. Questo a motivo che sono stati funestati da tragici eventi. Eppure non tutto è stato brutto e negativo. Anzi ci sono state anche immense cose positive di cui oggi beneficiamo. Ma il brutto e il negativo hanno inciso così a fondo che fino ad oggi pare che non si possa parlare, discutere, creare, produrre senza pessimismo, senza criticismo corrosivo, senza nichilismo e senza relativismo, senza rappresentazioni improntate al brutto e al negativo. Pensiamo alle arti espressive, al cinema, alla letteratura. E' proprio in queste arti che si vede una connotazione  dove il senso, il gusto, il piacere del bello e del positivo sono decisamente, per lo più, scomparsi. E non vale dire è la realtà, la realtà è fatta così e le arti rappresentano la realtà. Sì, la rappresentano, ma niente e nessuno può imporre di rappresentare solo così. In natura non esiste solo il nero. Esiste tutto lo spettro dei colori. Nulla di più conformista, di più anticreativo che ostinarsi a mettersi in tutto e per tutto gli occhiali neri e limitarsi a non vedere altro che il nero. Ed è inutile contrabbandare questa visione per intellettuale e progressista. E' solo una visione miope dove scompaiono la ragione, le distinzioni e le differenziazioni. Continua davvero il declino non solo dell' Occidente, ma anche del globale. Chi scrive questo blog non si rassegna a questa visione. Nella vita non vede  un paradiso, ma si rifiuta di vedere solo l' inferno. Vuole aprire gli occhi e la mente su tutto quello che è bello, che è positivo, che è positivamente degno, grande o piccolo che sia. Guarda a tutti i fiori  di bellezza e di positività di pensiero, di sciena, di arte, di vita quotidiana e a questo trova e dà spazio e tutto questo lo indica con un nome collettivo di fantasia FLORALIA.